L’aumento dell’uso dei cellulari non corrisponde ad un incremento della conoscenza dei pericoli ad esso legati. Quali comportamenti dobbiamo adottare per difendersi dai pericoli delle onde elettromagnetiche?

Difendersi dalle onde elettromagnetiche con eyEM

Intervista ad Alfio Turco di Polab su Linkiesta del 9 Giugno 2012, ecco l’articolo integrale:

“Computer, televisore, cellulare, antenna. Tutti elettrodomestici che producono smog compromettendo la qualità dell’aria. Eppure, l’80% del vivere quotidiano trascorre in ambienti chiusi. L’inquinamento elettromagnetico è legato alla generazione di campi elettrici artificiali, prodotti da tutti quei dispositivi il cui funzionamento implica un’alimentazione, oppure impianti utilizzati per il trasporto e la trasformazione dell’energia dalle centrali fino all’utilizzatore nell’ambiente urbano, e infine da impianti per lavorazioni industriali. Non solo: sul nostro pianeta esistono campi magnetici ed elettrici attribuibili al fondo terrestre o ad eventi naturali che però sono innocui.

«Gli effetti dell’esposizione di lungo periodo ai deboli campi elettromagnetici in ambiente chiuso sono ancora sotto studio», osserva Fiorenzo Marinelli, biologo del Cnr di Bologna, che spiega: «L’errore di base sta nell’installare e utilizzare le tecnologie potenzialmente dannose senza prima averne studiato gli effetti, e ciò è irrazionale. Ci sono studi che indicano la pericolosità dell’esposizione pulsata di bassa potenza. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha inserito i cellulari e in generale i campi elettromagnetici a radiofrequenza (wireless) nel gruppo 2B. Perciò occorre usare un principio di precauzione nelle esposizioni anche al wifi». Eppure, nonostante nel 2011 la notizia abbia fatto il giro del mondo in poche ore, oggi i più sembrano averla rimossa.

Le classi di cancerogenicità sono quattro: 1, 2A, 2B, 3, 4 con livello di rischio decrescente in termini di probabilità da parte dell’uomo di contrarre il cancro. Alfio Turco, ceo della Polab, azienda che opera nel campo dell’elettromagnetismo ambientale, spiega che: «La classe 2 è stata sdoppiata in una sotto classificazione. La 2A riguarda le sostanze probabili cancerogene, mentre la 2B riguarda le sostanze possibili cancerogene. I campi elettromagnetici a radio frequenza, così come i campi a bassa frequenza, sono stati inseriti in classe 2B».

Per la radio frequenza in generale, ovvero trasmissioni radio da 100 kHz a 300 GHz, «il livello di emissione, (e quindi di assorbimento da parte dell’organismo) non può essere univoco per tutta la banda di frequenza. Sia per la natura delle sorgenti, sia per la tipologia di propagazione che per capacità di penetrazione», continua Turco, che precisa: «Per la radiazione che riguarda i cellulari, da 900 MHz a 2,100 GHz (con il 4G si avrà anche il 2,6 GHz), i livelli ritenuti accettabili dalla letteratura cautelativa si attestano intorno agli 0,6 V/m (volt per metro), per le esposizioni prolungate, cioè per periodi continuativi sopra le quattro ore consecutive».

Questi valori sono oggi riscontrabili nella maggior parte delle città italiane, «tranne i casi di particolari concentrazioni di impianti che, seppur al di sotto dei limiti di legge, sono stati posizionati secondo specifiche di traffico commerciale e senza un percorso di analisi preventiva delle emissioni che consentisse di scegliere in maniera ottimale le localizzazioni in grado di minimizzare le esposizioni», dice ancora Turco. «Personalmente ritengo che gli attuali limiti di legge (20 V/m per le esposizioni inferiori alle 4 ore, e 6 V/m per i periodi prolungati) non garantiscano l’assenza di rischi – commenta Turco – e comunque credo vada perseguito e applicato sia il principio di precauzione che tutti i criteri di minimizzazione da mettere in campo nella gestione della tematica».

Sottotraccia sembra anche l’informazione che la maggiore fonte di elettrosmog è il telefono cellulare. «A causa della sua potenza e della vicinanza di uso», commenta Marinelli, «le antenne telefoniche che dall’esterno irradiano l’abitazione, le antenne di radio private e televisive». A completare il non breve elenco «il telefono di casa wireless, il router wifi, e tutto ciò che viene trasmesso via radio, segnale audio del giradischi, termometri e così via». Non deve sorprendere l’enorme diffusione sul mercato di apparecchiature dannose perché «il problema maggiore è dato dal conflitto di interessi che impedisce la corretta informazione sulla pericolosità dei campi elettromagnetici introdotti artificialmente».

Campo elettrico e magnetico producono induzione di corrente elettrica nell’organismo in modo differente. È la sommatoria di queste correnti indotte che produce una serie di squilibri. Marinelli li illustra così in un recente intervento: «Tra gli effetti biologici conosciuti c’è quello sulla melatonina (ormone principale regolatore del funzionamento metabolico e ormonale dell’organismo, ndr), e sulla diminuzione della risposta immunitaria dell’organismo. In generale gli studi più significativi si sono concentrati sul bilancio ormonale, sul sistema immunitario, sul cancro, sul sistema nervoso, sul calcio, sul comportamento e sulla psiche» visto che l’organismo sottoposto a campi elettromagnetici può modificare le sue risposte comportamentali. Mentre tra i sintomi reversibili identificati vengono descritti: disturbi del sonno, stanchezza e alterazioni del bioritmo.

Anche Paolo Bellia, consulente per l’elettrosmog, inserisce i sistemi wireless (modem con wi-fi e simili) e i telefoni cellulari tra i campi a radiofrequenza pericolosi per la salute. Per Bellia «i livelli di emissione dei sistemi wireless sono molto bassi, quindi a meno di non posizionare il router proprio accanto a noi, non si raggiungeranno valori di campo elettrico tali da destare qualche ragionevole preoccupazione». È da evitare il ricorso all’utilizzo di dispositivi come piastrine, coccinelle e oggettini vari spacciati come utili per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici. «Nella quasi totalità dei casi – sottolinea- sono delle vere e proprie truffe, non servono a nulla e le descrizioni “tecniche” sono prive di fondamento scientifico». Paradossalmente se dovessero funzionare, sarebbe anche peggio: «Schermando il cellulare, ad esempio, il terminale riceverà campi più bassi dalla stazione radio base ed emetterà livelli maggiori di potenza per compensare. Idem per i sistemi wireless dove una eventuale schermatura indurrebbe solo un malfunzionamento del sistema con conseguente necessità di aumentare la potenza e/o ritrasmettere più volte i pacchetti di dati». Ugualmente il ricorso ad alcuni tipi di piante cui vengono attribuite proprietà di assorbimento delle onde elettromagnetiche, sono mere leggende metropolitane.

Il discorso cambia per i campi a bassa frequenza. Potrebbe verificarsi il superamento dei valori indicati dalle normative come obiettivo di qualità per il campo di induzione magnetica, in prossimità di alcuni elettrodomestici in funzione, come asciugacapelli, rasoi elettrici e così via, il cui uso è limitato nel tempo. «Le correnti elettriche che scorrono in un normale impianto domestico (o di un ufficio) non sono tanto elevate da generare valori di campo magnetico che si possano avvicinare ai valori limite», sostiene Bellia. Nel caso di impianti industriali, invece, la presenza di apparecchiature che assorbono molta corrente e le conseguenti linee di collegamento elettrico richiedono l’esecuzione di misure e l’eventuale delimitazione di zone a rischio. Infine, dice Bellia, «occorre prestare attenzione alle cabine elettriche o al passaggio di cavi, che si presuppone possano trasportare elevati valori di corrente. In queste circostanze è sempre bene affidarsi a tecnici specializzati per la misura dei valori dei campi elettromagnetici».

Nonostante l’elettrosmog esista ovunque, negli ambienti chiusi si può ridurre. Per farlo è fondamenetale intervenire sullo schema dell’impianto elettrico, all’interno del quale non devono esserci perturbazioni elettromagnetiche. Federico Sampaoli, esperto Casaclima, sottolinea come «schermare un campo magnetico con il materiale più adatto è sempre molto più difficile che evitare il campo magnetico con un’attenta progettazione». Ma se l’impianto è già esistente non resta che mettere in pratica dei piccoli accorgimenti per arginare il problema. Realizzare schermature con appositi feltri, tessuti o colori murali schermanti (un vetro basso emissivo diminuisce di mille volte il segnale di alta frequenza, quello maggiore a 100 MHz) purché si preveda un sistema di messa a terra con nastri appositi o cavi. Oppure l’installazione di «disgiuntori che tolgono la tensione dall’impianto se non c’è richiesta di corrente, utilissimi in camera da letto dove per molte ore si è sottoposti a campi elettromagnetici inutili quanto dannosi. In tutti i casi di elettrosmog vale la regola della distanza accompagnata a quella del buon senso quindi la radio sveglia sul comodino va eliminata». Così come vanno eliminate le apparecchiature alimentate elettricamente nelle vicinanze del letto dove si spendono molte ore senza cambiare posizione.

I costi per le apparecchiature e gli interventi per ridurre l’inquinamento elettromagnetico non sono esorbitanti. «In commercio si trovano diversi strumenti di misura destinati al fai da te – commenta Alfio Turco – ma tutti non propriamente friendly nell’utilizzo e nell’interpretazione dei dati». Ad ogni modo è bene interpellare uno studio specializzato in misure di campi elettromagnetici ambientali per avere monitoraggi e caratterizzazioni di ambienti e sorgenti. «I compensi sono quelli delle consulenze che partono da poche centinaia di euro a salire, in base alla complessità dell’intervento e alla distanza dalla sede abituale», conclude.

Da non dimenticare il buon senso, l’unica contromisura a costo zero. Per proteggersi nella maggior parte dei casi è sufficiente adottare accorgimenti di carattere comportamentale. «La sorgente più emissiva è il telefono cellulare che modula il livello di segnale in funzione della distanza dall’impianto con cui è in comunicazione, e molti strumenti di uso professionale o domestico», specifica Turco, che osserva infine: «Molti modelli di cellulare, ad esempio, con poche tacche (condizione di scarso campo) possono emettere segnali che vanno fino a 80 V/m, e la sorgente si trova a contatto con il corpo, a meno che non si faccia ricorso a degli specifici auricolari o al viva voce».”


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