umbertide

Il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla controversia tra R.T.I. e Comune di Umbertide circa l’installazione di un impianto per la TV digitale terrestre mobile (segnale DVB-H). Il Comune aveva infatti negato l’autorizzazione all’installazione di tale impianto, sulla base del proprio Regolamento Comunale dell’installazione di impianti di telefonia cellulare, che non consentiva l’installazione nel sito richiesto da R.T.I..

Secondo il Consiglio di Stato, anche gli impianti per la trasmissione di segnale digitale televisivo mobile, devono rispettare i Regolamenti comunali che fissano criteri e vincoli per la corretta localizzazione degli impianti, analogamente a quelli per la telefonia mobile.

La ragione del pronunciamento sta nel fatto che l’emissione di segnali radiotelevisivi in forma digitale, con la tecnica DVB-H (digital video broadcasting – handheld) che consente la ricezione dei programmi televisivi su apparati mobili (e quindi anche sui telefoni cellulari),  produce emissioni elettromagnetiche che per intensità e frequenza, ai fini della regolamentazione comunale, non possono ritenersi sostanzialmente diverse da quelle prodotte dagli impianti di trasmissione per la telefonia cellulare. E inoltre la ratio ispiratrice del Regolamento comunale è quella di disciplinare la collocazione degli impianti che producono l’emissione di frequenze elettromagnetiche al fine di minimizzarne di possibili effetti pregiudizievoli per il territorio e per la popolazione.

Il Consiglio di Stato afferma che l’applicabilità del Regolamento “trova esplicita conferma nell’inserimento tra i procedimenti soggetti a necessaria autorizzazione, ai sensi dell’art. 87, comma 1, del d.lgs. n. 259 del 2003, anche di quelli aventi ad oggetto le stazioni radio base per le «reti di diffusione, distribuzione e contribuzione dedicate alla televisione digitale terrestre» e nella circostanza che l’art. 71 del citato Regolamento comunale, nel disciplinare i procedimenti autorizzatori per i quali è richiesta l’autorizzazione, ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, fa riferimento alla installazione di «infrastrutture per impianti radioelettrici», in modo ampio e generale.”

Inoltre, il Consiglio di Stato riafferma con forza il potere di pianificazione dei Comuni: “Tale potere è espressione dell’autonoma e fondamentale competenza che i Comuni hanno nella disciplina dell’uso del territorio e può tradursi nell’introduzione di regole poste a tutela di zone e beni di particolare pregio paesaggistico, o ambientale, o storico artistico, ovvero, per ciò che riguarda la minimizzazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, nell’individuazione di siti che, per destinazione d’uso e qualità degli utenti, possano essere considerati “sensibili” alle immissioni radioelettriche, e quindi inidonei alle installazioni degli impianti (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 306 del 23 gennaio 2015, Sez. VI, n. 3282 del 25 maggio 2010).”

Come tra l’altro già affermato dalla stessa Sezione (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 306 del 23 gennaio 2015) “ si deve ritenere consentito ai Comuni, nell’esercizio dei loro poteri di pianificazione territoriale, di raccordare le esigenze urbanistiche con quelle di minimizzazione dell’impatto elettromagnetico, ai sensi dell’ultimo inciso del comma 6 dell’art. 8 della legge n. 36 del 2001″ e che in un  “regolamento comunale possono, infatti, essere ammessi anche limiti di carattere generale all’installazione degli impianti purché sia comunque garantita una possibile localizzazione alternativa degli stessi, in modo da rendere possibile la copertura di rete del territorio nazionale”.

Per questo ragione viene rafforzato il concetto che “possono ritenersi legittime anche disposizioni che non consentono (in generale) la localizzazione degli impianti nell’area del centro storico (o in determinate aree del centro storico) o nelle adiacenze di siti sensibili (come scuole ed ospedali), purché sia garantita la copertura di rete, anche nel centro storico e nei siti sensibili, con impianti collocati in altre aree.”

Consiglio di Stato n. 3085 del 18 giugno 2015

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