Ancora un Comune si affida esclusivamente a generici criteri urbanistici per il posizionamento degli impianti di telefonia mobile, e soccombe in sede di giudizio.

Ormai l’orientamento è chiaro e ampiamente consolidato dalla giurisprudenza: stabilire parametri di distanza, altezza, divieti generalizzati su ampie porzioni del territorio è illegittimo. Si tratta di criteri che, essendo limitanti in maniera aprioristica, non garantiscono né la realizzazione della necessaria copertura di rete, né la minimizzazione dell’impatto dei campi elettromagnetici sulla popolazione.

Il Comune di Melfi aveva stabilito il divieto di installazione degli impianti di telefonia mobile in tutto il centro abitato e nell’area agricola circostante, prevedendo inoltre anche l’obbligo di “rispettare la distanza minima di 100 m. da ogni singolo fabbricato esistente sul territorio comunale”.

Parere del TAR è che “i Comuni con i Piani ex art. 8, comma 6, L. n. 36/2001 e/o ex art. 5 L.R. n. 30/2000, oltre a non poter stabilire valori di attenzione diversi da quelli determinati dallo Stato ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. a, L. n. 36/2001, non possono statuire limiti alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile generici e/o di carattere assoluto, come quelli oggetto della controversia in esame, ma possono prevedere criteri localizzativi, che, oltre a tutelare le aree più sensibili, garantiscono comunque il completamento della rete cellulare e l’efficace copertura di tale servizio su tutto il territorio comunale”.

La linea ormai consolidata è appunto quella di una adeguata istruttoria tecnica, in grado di provare la validità delle localizzazioni scelte dal Comune sia in termini di copertura di rete, sia di minimizzazione dell’impatto.

TAR Basilicata n. 3 del 3 gennaio 2020

 

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