Tratto da terranews.it

INTERVISTA. Angelo Gino Levis, studioso degli effetti dei campi elettromagnetici, punta l’indice sull’assenza di una normativa seria: «Il problema è che è il cittadino a doversi rivolgere alla magistratura per ottenere giustizia».

Una sentenza storica, quella emessa dalla Corte d’Appello di Brescia il 10 dicembre dell’anno scorso che ha accolto il ricorso di un dipendente Inail esposto per lavoro alle onde elettromagnetiche di cordless e cellulari, riconoscendogli la malattia professionale con invalidità all’80%. Per la prima volta, un tribunale ha accettato il nesso tra l’uso frequente di telefoni mobili e l’insorgenza di patologie tumorali. Angelo Gino Levis, biologo e studioso di fama internazionale sugli effetti dei campi elettromagnetici sul corpo umano e vicepresidente dell’Apple, l’associazione per la prevenzione e la lotta all’elettrosmog, è stato il perito di parte civile che ha contribuito a questa storica sentenza.

«Una sentenza che farà storia e già ripresa dai motori internazionali. La prima sentenza al mondo che riconosce la correlazione tra tumori e telefoni mobili dal punto di vista di uso professionale. Ma facciamo attenzione: la sentenza riguarda una malattia professionale, ma la documentazione scientifica citata dal tribunale riguarda la popolazione comune e l’uso normale dei cellulare ». L’Apple organizza periodicamente incontri nelle scuole pubbliche per informare i giovani sulla pericolosità dei cellulari e consigliarne un uso intelligente. Dal sito dell’Apple – www.applelettrosmog. it – è scaricabile un opuscolo che spiega le precauzioni da prendere. «Un uso cautelativo del cellulare e del cordless è senz’altro un bene, ma sarebbe necessaria una revisione della normativa nazionale e un abbassamento dei limiti di esposizione. L’ha chiesta anche il Parlamento europeo nel marzo dell’anno scorso ma la Commissione europea continua a fare orecchi e da mercante».

Un problema che riguarda non solo i cellulari ma anche le stazioni radiobase.

Mentre possiamo identificare con precisione gli utilizzatori di cellulari e attraverso interviste e questionari capire quanto e da quanto tempo lo usano, per l’esposizione ad una stazione radiobase abbiamo tutti i problemi che si hanno quando si indaga dal punto di vista epidemiologio una popolazione che è esposta a tutto un miscuglio di inquinanti cancerogeni, dal benzene da traffico alle polveri sottili e magari anche vivono vicino ad un elettrodotto. Sono state fatte interessanti indagini epidemiologiche di tipo geografico. Mi riferisco ad uno studio condotto in Svizzera dove è stato dimostrato che i disturbi aumentano dove il campo è più forte: insonnie, cefalee, crampi muscolari, perdita della memoria, sudorazione, sensazione di freddo. Una gamma di disturbi che vanno sotto il nome di fenomeni di elettrosensibilità. A Venezia c’è un caso famoso di una signora con un innesto metallico alla gamba che le provoca dolori lancinanti se solo passa nelle vicinanze di una sorgente di campo elettromagnetico. Possiamo dunque affermare che questi disturbi sono correlati statisticamente con valori di campo elettrico dell’ordine di meno di 0,6 volts su metro. Cioè dieci volte meno dell’attuale limite di esposizione per legge! Quindi ben vengano le misure di autotutela ma dobbiamo anche insistere perche ci sia una programmazione nelle installazioni delle staziono radiobase. Cosa che oggi non possiamo fare perché, col codice delle comunicazioni elettroniche, i Comuni sono stati castrati.

Come è la situazione nel Veneto?

L’eccesso di stazioni in alcune città del Veneto, come Padova, Treviso e Venezia è spaventoso! E ci sono zone in cui questa concentrazione e al di là di ogni immaginazione. A Padova la zona dell’ospedale, sul garage del Busonera ci sono 14 impianti! Ma anche a Mestre, nel quartiere di Zelarino, la situazione è tragica.

Come è la situazione per quando riguarda gli elettrodotti?

Queste sono tecnologie che esistono da quasi un secolo e i dati epidemiologici sono sicuri. Nel 2001 l’Agenzia internazionale per le ricerche sul cancro di Lione che opera per l’Oms, ha raccolto un gruppo di scienziati e ha curato una monografia sulle bassissime frequenze, che sono quelle che usano gli elettrodotti, e ha dimostrato sulla bade di due metanalisi – cioè ampi studi che per maggior sicurezza analizzano e tengono conto di varie ricerche – un raddoppio della frequenza di leucemie infantile nei residenti in prossimità di elettrodotto per valori di campo superiori a 0,3 o 0,4 microtesla. Già nel 1993 la Regione Veneto su iniziativa dei Verdi aveva varato una legge che fissava in 0,2 microtesla il valore di cautela per le abitazioni in prossimità di elettrodotti. Questa legge è stata impugnata dal governo Prodi e ci son voluti 7 anni di battaglie perché la Corte costituzionale la dichiarasse legittima. è entrata in vigore nel 2000 e sull’onda del Veneto altre Regioni come la Toscana e la Puglia hanno fissato questi limiti cautelativi. Certo, se invece delle metanalisi teniamo conto dei singoli studi, si trovano lavori che parlano di aumenti di patologie tumorali anche con 0,1 microtesla, ma in assenza di alternative migliori, una legge a 0,2 microtesla era comunque una ottima legge. Fino a che, l’8 luglio del 2003, il presidente del consiglio Berlusconi ha fissato con un decreto il limite di 10 microtesla per i vecchi elettrodotti e per le case già costruite in loro prossimità, e di 3 microtesla per i nuovi. Quindici volte oltre il limite cautelativo stabilito dalle leggi regionali che sono cadute una dietro l’altra. Nel Veneto è stato un costruttore del vicentino che voleva edificare vicino ad un elettrodotto, che l’ha fatta cadere.

Con una legge nazionale che fissa dei limiti decisamente pericolosi, come può tutelarsi un semplice cittadino?

A partire dal 2003, grazie ad una sentenza esemplare del tribunale di Venezia, la magistratura ha sancito un principio innovativo. Quando debbono decidere non solo su danni come leucemie o tumori, ma anche sull’esistenza di rischi potenziali, i giudici fanno sì riferimento ai limiti di legge ma anche sulla perizia ordinato ai periti che tengono conto dei migliori dati che la letteratura scientifica. Siccome la letteratura ha dimostrato che al di sopra dei 0,3 o 0,4 microtesla c’e un aumento dell’incidenza delle patologie tumorali, i giudici possono affermare che esiste un rischio inaccettabile per la salute e intervenire imponendo misure di messa a norma, di diminuzione della tensione, di interramento o dismissione dell’impianto. Se il consulente del tribunale non è un venduto e ha competenze non può ignorare questi rischi oramai ampiamente documentati. Il problema di fondo è che è sempre il cittadino a doversi rivolgere alla magistratura per ottenere giustizia. Una battaglia dura ma non impossibile. Nel Veneto ci sono gruppi che hanno saputo farsi sentire. A fronte di queste sentenze, ad esempio, Terna sta cominciando a interrare gli elettrodotti a Ponte delle Alpi, dove nelle scuole abbiamo addirittura rilevato campi di 13 microtesta.


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