Per comprendere il senso e le conseguenze derivanti da una applicazione degli emendamenti presentati alla normativa vigente, in occasione della discussione del nuovo DDL Concorrenza, e nelle fasi di conversione in legge del DL Energia, è necessario comprendere le differenze tra le società che gestiscono i servizi di telefonia mobile (gestori), concessionarie di licenza di utilizzo delle frequenze,  e le semplici Tower Company, società che realizzano e gestiscono le infrastrutture fisiche passive, che NON sono concessionarie di frequenza e il cui servizio quindi NON rientra tra quelli che lo Stato ha definito strategico per lo sviluppo del Paese equiparandolo alle opere di urbanizzazione primaria.

Le frequenze in Italia vengono concessionate attraverso gare pubbliche, a titolo oneroso, ai cosiddetti gestori delle telecomunicazioni: queste società sono deputate a fornire servizi sulla base delle concessioni ministeriali ed è il servizio della connettività che è stato definito dal legislatore come un servizio di pubblica utilità, equiparandolo alle opere di urbanizzazione primaria. Ancorché il quadro giurisprudenziale abbia specificato che trattandosi di opere private, gestite con criterio imprenditoriale, sono soggette a permessi e pareri.

Le Tower company invece sono le società che si occupano di gestire e/o realizzare per conto dei gestori le infrastrutture fisiche su cui montare i dispositivi che emettono i segnali di connettività e che determinano quindi quello che viene definito “impatto elettromagnetico” sul territorio e sulla popolazione.

Un errore che spesso si commette è quello di pensare che se le antenne di più gestori si montano su una unica struttura, si è minimizzato l’impatto elettromagnetico! Tutt’altro, si sono solo ridotte le strutture fisiche ma il numero di antenne emissive dei gestori rimane sempre lo stesso: ognuno avrà sempre i propri dispositivi, solo concentrati su un’unica torre.

In altri termini, a parità di gestori presenti, meno pali significa più antenne concentrate su questi, e non sempre l’accorpamento di antenne determina una maggiore sostenibilità generale.

Ma in cosa consiste il ruolo di una Tower company? In pratica svolge tutte le attività per la realizzazione dei pali e la loro manutenzione; di contro queste società hanno la possibilità di sfruttare le strutture dal punto di vista economico, attraverso l’ospitalità di antenne dei gestori, a titolo ovviamente oneroso.
Al momento in Italia ci sono due società principali che hanno preso in concessione le infrastrutture fisiche degli operatori.

L’obiettivo, legittimo si intende, di una Tower company è principalmente quello di ridurre i costi di gestione delle infrastrutture fisiche e delle procedure per la realizzazione di nuove torri, spendendo meno possibile per l’occupazione delle aree o degli edifici, ma soprattutto ospitare, ovviamente riscuotendo a loro volta un canone di locazione, quanti più operatori possibile sulle infrastrutture realizzate. In pratica ridurre quanto più possibile i costi e promuovere la redditività delle torri.
È quello che sta già accadendo da diversi mesi, con l’accorpamento degli impianti di alcuni gestori, e la dismissione di una parte dei pali.

Una conseguenza inevitabile, se si vuole perseguire un accorpamento spinto, è quello di saturare presto lo spazio elettromagnetico definito dai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici per la popolazione fissati dallo Stato già nel 2003 e che vedono l’Italia, per una volta, all’avanguardia rispetto al resto dell’Europa; quindi il progetto perseguito da queste società fornitrici di pali e torri ha un limite intrinseco nei parametri sanitari italiani.

Chiarito il ruolo dei soggetti privati coinvolti, possiamo analizzare con maggiore chiarezza la direzione e il senso degli emendamenti presentati da alcuni Parlamentari per modificare la normativa; emendamenti che vanno letti in continuità con i provvedimenti approvati con i due recenti Decreti Legge (DL n. 76/2020 e DL n 77/2021), convertiti rispettivamente dalle Leggi n. 120 del 11 settembre 2020 e Legge n. 108 del 29 luglio 2021.

Ma cosa dicono gli emendamenti che sono stati presentati al DDL Concorrenza, (Art. 19) in discussione nella 10^ Commissione del Senato?
Fuori dalle espressioni burocratiche che richiamano articoli e commi di diverse Leggi vigenti, rendendo difficile una lettura organica, possiamo elencare:

  1. Eliminazione del criterio di minimizzazione dai regolamenti comunali (vuol dire che a parità di copertura tra due siti alternativi, ugualmente idonei tecnicamente, il Comune oggi può imporre il sito che dà un valore più basso di inquinamento elettromagnetico: questo non sarebbe più possibile)
  2. Cancellazione del concetto di sito sensibile su cui minimizzare i livelli di esposizione alla radiazione elettromagnetica
  3. Asservimento dei regolamenti comunali alle procedure amministrative semplificate previste nel codice delle Comunicazioni e introdotte con i due precedenti DL 76 e 77 (come dire: prima ho adottato procedimenti semplificati e adesso i regolamenti devono sottostare a questi ultimi)
  4. Equiparazione delle semplici torri, senza impianti, alle opere strategiche (oggi sono sottoposti ai regolamenti edilizi da cui verrebbero completamente esentati). Spiegando l’importanza della modifica, richiedere di installare un palo con le antenne vuol dire che esso è destinato ad una rete ben precisa: se ne può calcolare l’incidenza, e i Comuni sarebbero in grado di dare soluzioni alternative e funzionali; invece il progetto del solo palo a prescindere da cosa dovrà ospitare, non può essere valutato, non può essere oggetto di pianificazione delle reti e diventerebbe solo un vincolo urbanistico su cui poi far arrivare un numero non precisato di antenne e quindi di potenza irradiata
  5. Obbligo per i Comuni di espropriare aree e/o edifici di proprietà privata su richiesta, per potervi realizzare nuove torri; l’emendamento prevede che l’esproprio sia esteso anche alle aree ed edifici su cui sono già presenti degli impianti funzionanti e per i quali ci sono regolari contratti di locazione con i proprietari. Proviamo a immaginare quali situazioni potrà affrontare un amministratore locale che in attuazione di questa misura, dovrà comunicare a un suo concittadino l’esproprio del bene e quanti ricorsi si potranno aprire. Tra l’altro, tra gli emendamenti, è stata inserita anche la necessità di ridurre i tempi dei contenziosi su questo tema. Questo emendamento, tra l’altro, potrebbe presentare anche dubbi di legittimità o comunque di eticità se, tornando un attimo al  famoso DL 77/21, si pensa alla misura che prevede l’applicazione del tetto massimo di 800 € all’anno per l’occupazione delle aree e degli immobili appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni. Poiché le aree ed immobili occupate dalle torri possono essere a loro volta sub locate ai gestori a prezzi di mercato (in alcuni casi intorno a 20.000 – 25.000 € all’anno per ogni singolo gestore ospitato nella struttura), passando l’emendamento potrebbe accadere che l’espropriazione di un’aera privata su cui è stato stipulato regolare contratto di locazione, e che ospita già impianti attivi, determinerebbe l’annullamento  del contratto (circa 8.000 – 10.000 euro/anno per il proprietario privato) dando alla società che gestisce il palo di sfruttarne i benefici per un costo di soli 800 euro/anno, a fronte di potenziali ricavi stimabili fino a 100.000 € all’anno. Per ogni singola torre
  6. Eliminazione del parere paesaggistico, della perizia sismica, del collaudo delle torri per tutta una serie di strutture…
  7. Dulcis in fundo, l’innalzamento dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici ai valori europei (per alcune frequenze da 6 a 61 Volt su metro)

Gli emendamenti, così come presentati, e che puntano verso una estrema deregolamentazione, creerebbero un paradosso: facilità ad accorpare le reti su meno pali (rendere equiparabili le reti dei diversi gestori significa rafforzare le aree già servite e accentuare il divario con le zone con pochi o zero servizi), aumento del grado di rischio da esposizione ai campi elettromagnetici, disincentivo agli investimenti in aree meno appetibili per il mercato.

Siamo sicuri che gli emendamenti al DDL Concorrenza puntino a soddisfare anche gli interessi dei gestori, di estendere le loro reti e i loro servizi?

Tutt’altra direzione anche rispetto all’obiettivo del raggiungimento dei parametri di digitalizzazione che ci chiede l’Europa!

 

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